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Sentire l'inudibile

Rieccoci dopo la pausa invernale…oggi parliamo di una delle mie sinfonie preferite!

La Sinfonia Eroica, La Terza Sinfonia, La Sinfonia Ponaparte[1]…o, semplicemente e affettuosamente, L’Eroica o La Terza: questa splendida sinfonia, tra le più note di Beethoven, viene chiamata con diversi nomi…cerchiamo di venirne a capo!

A proposito dell’origine dell’aggettivo “Eroica” c’è molto da dire: non era mai stato associato a una sinfonia, ma era già presente nella tradizione musicale e lo troviamo, ad esempio, proprio nella definizione di “ballo eroico-allegorico” de Le creature di Prometeo che così grande importanza avrà nella genesi dell’ultimo movimento della nostra sinfonia.

Che cosa s’intende, precisamente, per eroico e chi è l’eroe?

Il termine eroico va, in questo caso, a indicare il carattere, il genere sublime di cui farà parte la composizione: non è più una sinfonia militare o di battaglia come le precedenti dichiaratamente a programma, ma è, appunto, una sinfonia eroica. La pagina musicale, dunque, va ad aggiungersi alla schiera di quelle caratterizzate da uno stile musicale di livello alto, eppure mantiene la propria connotazione caratteristica, come accadrà successivamente con la Sesta Sinfonia, detta Pastorale.

Su chi fosse l’eroe a cui Beethoven si ispirò si è a lungo discusso. Carl Czerny, ad esempio, riferisce la testimonianza del dottor Bartolini, medico e amico di Beethoven, che afferma che l’idea germinale per la Terza Sinfonia sia stata fornita al compositore dalla morte del generale inglese Abercrombie avvenuta nel 1801 a seguito delle ferite riportate nella battaglia di Alessandria d’Egitto. Questo, a suo avviso, spiegherebbe il “carattere navale (e non militare terrestre) del tema e dell’intero primo movimento”. Anche Otto Jahan[2] riporta una testimonianza del Bartolini che, però, questa volta fa risalire l’ispirazione per l’Eroica (o almeno per la sua Marcia funebre) alla falsa notizia della morte di Nelson nella battaglia di Abukir, dunque al 1798. Ma la versione più nota, a cui si collegano numerosi aneddoti, riguarda la presunta dedica a Napoleone Bonaparte. Come ricorda Fabrizio Della Seta, ci furono pochi altri momenti storici come gli anni a cavallo tra il ‘700 e l’800 in cui il cittadino ebbe l’impressione di poter cambiare il corso della Storia. Napoleone parve a tutto il mondo intellettuale europeo come la personificazione della figura mitologica di Prometeo, il titano che sfidò Zeus per portare il fuoco e la conoscenza agli uomini. Sembrò che finalmente tutti avrebbero da quel momento avuto la possibilità di realizzare ciò che il popolo francese aveva messo in pratica: una rivoluzione sociale. Quando, però, Bonaparte mostrò di essere “come tutti gli altri” calpestando “ogni diritto umano, schiavo solo della propria ambizione”, l’illusione si rivelò come tale e la delusione cocente che ogni filosofo, musicista o letterato europeo provò è ampiamente documentata. Beethoven la espresse, secondo Ferdinand Ries[3], in modo spettacolare e plateale, perfettamente in linea con il suo carattere: strappando il frontespizio del manoscritto su cui era scritta la dedica a Napoleone. Eppure questo infrangersi delle speranze, come afferma Della Seta nelle ultime righe del suo libro sulla Sinfonia Eroica[4], “non intaccò la verità estetica della Terza Sinfonia, una verità che rimarrà intatta finché vi sarà qualcuno capace di pensare la libertà”. Ed è in questa luce che va considerata la rabbia di Beethoven. Egli, infatti, dopo il famoso episodio sopraccitato, non abbandonò del tutto l’idea di considerare legate la sinfonia e la figura di Bonaparte, tanto da dichiarare egli stesso che “il vero nome della sinfonia è Ponaparte”. Ecco che, nuovamente, possiamo accostare Prometeo e Napoleone, divenuti ormai entrambi astrazione, delle personificazioni, letterarie o meno, dell’idea di eroe.

In conclusione, dunque, nessuno è il vero protagonista della Terza Sinfonia, si può affermare che

l’eroe dell’Eroica sia l’eroismo in sé. Beethoven riteneva che il musicista contemporaneo dovesse riconoscersi nella figura dell’aedo omerico, colui che, cantando le gesta di specifici eroi, canta in realtà una storia universale, delle verità universali. Questo è vero, sicuramente, per la sinfonia presa in esame sotto almeno due aspetti: in primo luogo se gli aedi sono narratori ciechi con la facoltà di leggere l’assoluto, Beethoven è un musicista che sta rendendosi conto dell’incombente sordità acquistando, però, la capacità di sentire l’inudibile; in secondo luogo, come esplicita Luigi Magnani nel libro Beethoven lettore di Omero, come un aedo “sotto la maschera di Prometeo e di Bonaparte egli rivive i loro drammatici eventi: la ribellione contro l’oppressione dispotica di un destino avverso, la lotta cruenta, la morte gloriosa e la vittoria apportatrice di una nuova alleanza nella pace e nella gioia”, rivivendo in questo modo anche le proprie tragedie e gli eventi drammatici che lo riguardano, vivendo pienamente quel fenomeno catartico che tanto era caro ai greci. È certamente importante ricordare ora che se la Terza Sinfonia fu scritta tra il 1803 e il 1804, la lettera nota come Testamento di Heiligenstadt risale all’ottobre del 1802; in questa lettera il compositore ammette di aver pensato di porre fine alla propria vita, ma anche che sia stata la sua arte a trattenerlo. Egli scrive, infatti, “mi sembrava impossibile abbandonare questo mondo, prima di aver creato tutte quelle opere che sentivo l’imperioso bisogno di comporre”. Probabilmente mentre scriveva queste parole ripensava a quelle che si era appuntato estrapolandole dall’ultimo discorso di Ettore morente: “Non inerte e non senza gloria io cado nella polvere, ma in perfetta, compiuta grandezza, di cui udrete in futuro”. Beethoven è dunque nel periodo più drammatico della propria vita e ha appena incominciato la fase della sua produzione musicale che viene definita Eroica, a cui appartengono, oltre alla sinfonia omonima, quelle fino all’Ottava e il Fidelio.


Passiamo ora a parlare velocemente della struttura generale della Terza Sinfonia.

Essa è articolata in quattro movimenti, ma ognuno di essi è notevolmente più lungo e complesso di quelli di qualsiasi sinfonia precedente.

Può essere utile soffermarsi sulle riflessioni che concludono il libro di Della Seta su questa sinfonia. Egli mette in luce la differenza tra epopea e dramma. Il dramma tende a escludere la possibilità di rappresentare più eventi che accadono contemporaneamente in luoghi diversi, rispettando quelle che sono dette unità aristoteliche[5]. L’epopea, al contrario, insieme al romanzo suo erede, spesso tendono a mettere in relazione un numero potenzialmente illimitato di fatti e personaggi. Beethoven sembra fare proprio questo nell’Eroica: a partire dal nucleo originario sviluppa innumerevoli temi e situazioni. Dovendo quindi, in questo caso, accostare un sinonimo al termine eroico (ammesso che i sinonimi esistano) sarebbe sbagliato scegliere tragico o drammatico, l’unico possibile sarebbe epico. Aggiungiamo così ai nomi citati in apertura un titolo tutto nostro per questa sinfonia, affettuoso e conciso: L’Epica.




di Carlotta Petruccioli

[1] “Ponaparte” come da tradizione beethoveniana [2] Noto filologo, archeologo e musicologo autore di una biografia di Mozart [3] Figlio dell’amico e maestro di Beethoven [4] Come ho ricordato già nell’articolo Tournat musical et littéraire (seconda parte) del 03/10/2022 [5] Unità di luogo, tempo e azione: il dramma canonico tende a svolgersi in un solo luogo (ad esempio un palazzo o una piazza), in un arco di tempo limitato (tipicamente una giornata) e senza trame secondarie.

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