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Immagine del redattorePolimnia

Gossip!


Tutti amiamo il gossip, gli intrighi e i colpi di scena…oggi vi parlerò di qualche succoso pettegolezzo sulla vita del più arcigno compositore di tutti i tempi: Ludwig van Beethoven.

Ci sarebbe, sorprendentemente, molto da dire, ma per questa volta tralascerei gli aneddoti rosa (ne parleremo forse in un altro articolo), per concentrarmi su quelli meno noti.

Sapete che il nostro compositore ha diffuso, o almeno mai smentito, alcune dicerie sul fatto di essere…il figlio illegittimo di un nobile? Da grande lettore di Omero[1] com’era, significativamente, sottolineò le parole di Telemaco nell’Odissea[2]in cui si allude alla sua ascendenza, apparentemente incerta… che si rivedesse in lui?

La cosa più divertente, di un’ironia un po’ tragica però, è che si comportò come un nobile tutta la vita, arrivando perfino a presentare le proprie cause al tribunale nobiliare (fino a quando, in un momento di confusione, ammise di non avere la patente nobiliare). Ma non è finita, arrivò a stupirsi del fatto che il fratello non fosse presente nell’elenco dei nobili, affermando, e dai suoi ritratti possiamo immaginare con che piglio temporalesco, che si sarebbe dovuta colmare questa lacuna al più presto.

Pensate che sia tutto? Nemmeno per idea! Si convinse che il proprio certificato di nascita fosse andato perduto, cosa che non faceva che alimentare l’idea di una propria nascita illegittima. A nulla valsero i ripetuti tentativi degli amici di presentargli quello conservato negli archivi, Beethoven si convinceva sempre di più che non fosse il suo, ma quello del fratello maggiore, morto dopo pochi mesi di vita e chiamato Ludwig Maria.

In particolare, si sussurrava che fosse figlio nientemeno che di Federico Guglielmo II di Prussia: la sinfonia che fa della fratellanza un valore universale (la Nona, con il suo Inno alla Gioia finale) è stata dedicata proprio a Federico Guglielmo III di Prussia, il “fratellastro”…coincidenze?

A proposito di fratellanza e amicizia, pensiamo a quanto fosse importante e ripetutamente disillusa per Beethoven la speranza della felicità domestica e quante volte abbia cercato di introdursi all’interno di famiglie “adottive”, tipicamente diventando amico e protetto del marito e innamorandosi della moglie! Per questo risultano quantomeno significativi i colori che il compositore richiede, (nella V variazione dell’Inno alla Gioia) sulla strofa: “Chi ha riuscito il colpo grosso d’esser amico d’un amico, chi si è conquistato una cara donna, unisca il suo giubilo! Sì, chi anche solo un’anima può chiamare sua sulla faccia della Terra; e chi non c’è mai riuscito, quello si sottragga piangendo a questa lega”. Beethoven sottolinea la parola nie ‘mai’ con uno sforzato, indicando la frustrazione di chi, come lui, nonostante gli sforzi non è riuscito a conquistare affetto familiare e amicizie durature, posizionando poi un discreto e triste diminuendo sull’invito, a costui, ad allontanarsi “da questa lega”.

Per concludere l’articolo vorrei inserire una riflessione a mio parere estremamente interessante: la Freude melodie e l’ultimo movimento della Nona Sinfonia in generale, a causa dell’esaltazione della Gioia come bene universale, è stata, nei secoli successivi, considerata il simbolo di una cultura affermativa che con la bellezza anestetizza l’angoscia per la vita moderna impedendo una visione realistica della società. Max Raphael, però, afferma: “L’opera d’arte mantiene la forza creativa dell’uomo in una sospensione cristallina dalla quale essa può essere ritrasformata in energie vitali”[3], ricordandoci che i capolavori dell’arte sono intrisi di un eccesso energetico costantemente rinnovabile che fornisce “forza motrice” consentendo di effettuare cambiamenti all’interno delle relazioni tra gli uomini. Questi capolavori, infatti, contengono proiezioni di desideri umani e di obbiettivi non ancora raggiunti.

Beethoven stesso scrisse: “Solamente l’arte e la scienza ci offrono tracce e speranze di una vita più elevata”. Maynard Solomon, dunque, si chiede: senza la Nona sinfonia e le altre opere d’arte sue sorelle, cosa potremmo opporre agli orrori della Storia?


di Carlotta Petruccioli


[1] A questo proposito leggasi il volume Beethoven, lettore di Omero di Luigi Magnani, Einaudi 1984 [2] Cfr. Dialogo tra Atena (sotto le spoglie di Mente, figlio d’Anchíalo) e Telemaco, Odissea I 206 (nella traduzione di Rosa Clazecchi Onesti, Einaudi 2014): [Atena] “Ma su, dimmi questo e parlami franco, se veramente sei figlio di lui, tu già così grande.” […] E il saggio Telemaco rispondendo diceva: “Ma certo, ospite, anch’io ti rispondo sincero: di lui mi dice la madre, ma io non lo so. Nessuno da solo può sapere il suo seme”. [3] Citazione in Beethoven. La vita, l’opera, il romanzo familiare di Maynard Solomon, Marsilio 2002. Dallo stesso testo vengono tratte le successive citazioni

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