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Immagine del redattorePolimnia

Giugno sinfonico: la sesta di Beethoven


Olio su cartoncino del pittore piemontese Sandro Mantovani

La sinfonia Sinfonia n. 6 in fa maggiore op. 68, dedicata ai principi Franz Joseph Max Lobkowitz e Andrej Kyrillovic Razumovskij, fu composta da Ludwig van Beethoven tra il 1807 e l'inizio del 1808 e debuttò il 22 dicembre 1808 al Theater an der Wien insieme con la Sinfonia n. 5 in do minore op. 67. Due opere appartenenti al cosiddetto “secondo periodo” beethoveniano, entrambe giustamente celeberrime eppure quasi antitetiche nella loro concezione. Nella quinta sinfonia troviamo il titanico condottiero, nella sua battaglia per la vittoria sul destino; nella sesta sinfonia, al contrario, il pensoso e solitario poeta che cerca l’equilibrio nell'intima comunione con la natura, un leopardiano idillio dell’animo che esprime in musica emozioni non traducibili in enunciati.

Così come aveva fatto anche precedentemente con la Sinfonia n. 3 in mi bemolle maggiore op. 55 Eroica, Beethoven aggiunse un sottotitolo all'opera: Pastorale, e, per eliminare dubbi in merito al fatto che i temi della sinfonia erano ben più che descrittivi, specificò nel sottotitolo: "Più espressione del sentimento che pittura dei suoni".

In quel periodo, Beethoven passava molto tempo in campagna e ne era affascinato. Lo stare a contatto con la natura lo colpiva nell'intimo creandogli quell'immensa gioia di partecipare in prima persona alla vita campestre. In particolare, dall’atmosfera e dai suoni dei tanto amati boschi di Heilingenstadt, nei dintorni di Vienna, nasce probabilmente la sublimazione definitiva della Pastorale. In un libretto di appunti di quel periodo il compositore scrisse: “Sia lasciato all’ascoltatore il compito di scoprire le situazioni cui la musica si riferisce. «Sinfonia caracteristica», oppure «Ricordi della vita campestre». Ogni musica strumentale che voglia andar troppo oltre nel genere descrittivo perde in bellezza. «Sinfonia pastorella». Chi abbia anche solo una vaga idea della vita campestre può capire da sé, anche senza tanti titoli, quello che voleva esprimere l’autore. Il significato complessivo si potrà afferrare anche senza descrizioni, perché questa composizione esprime delle sensazioni più che descrivere. La sinfonia pastorale non è una pittura. In essa si manifestano quelle sensazioni che il godimento della campagna provoca nell’uomo e si descrivono anche taluni sentimenti della vita campestre”.

Non siamo quindi di fronte al mero descrittivismo attraverso il ricorso all’onomatopea, che tuttavia è presente come elemento concretizzante, come fa notare anche Claude Debussy il quale, dopo uno dei Concerts Lamoureux che iniziò proprio con la Pastorale, scrive: “Era tutto così ben sfrondato da dare l’illusione di un paesaggio dipinto col pennello. […] Guardate la scena sulla riva del ruscello! Ruscello dove, a quanto pare, i buoi vengono a bere (la voce dei fagotti mi invita a crederlo), per non parlare dell’usignolo di legno e del cucù svizzero, che appartengono più all’arte di de Vaucanson che a una natura degna di questo nome… Tutto è inutilmente imitativo, o proprio di un’interpretazione completamente arbitraria. […] In questa sinfonia, d’altronde, Beethoven è responsabile di un’epoca in cui si vedeva la natura soltanto attraverso i libri… Questo si verifica nel «temporale» che fa parte della stessa composizione, dove il terrore degli esseri e delle cose si avvolge nelle pieghe del mantello romantico, mentre, non troppo seriamente, romba il tuono”.

Tra le tante particolarità della Pastorale, va notata la successione delle tonalità nei cinque movimenti – fa magg., si bem. magg., fa magg., fa min., fa magg. – che dà luogo a una specie di rondò, il cui ritornello è costituito dalla stessa tonalità di fa maggiore, che testimonia una precisa volontà di unità formale.


"Tramonto sulle Prealpi, 1915" olio su legno del pittore piemontese Sandro Mantovani

Struttura dell’opera


I movimento: Risveglio dei sentimenti all'arrivo in campagna (Allegro ma non troppo).

Si apre con un tema dolce e dal carattere campestre che fa da introduzione mattutina, apparendo effettivamente come un delicato risveglio. Il secondo tema è sostenuto da un arpeggio di archi e non si contrappone al primo tema, ma ne continua il carattere formando un crescendo con la progressiva entrata degli strumenti che si aggiungono fino a costituire un insieme gioioso.


II movimento: Scena al ruscello (Andante molto mosso).

Qui il protagonista della scena è il locus amoenus del ruscello, sul cui cullante mormorio, evocato dagli archi, si leva una melodia di barcarola suddivisa in due temi in cui, con grande efficacia naturalistica, si possono distinguere il cinguettio dell’usignolo, della quaglia e del cuculo, imitati rispettivamente dal flauto, dall’oboe e dal clarinetto. Questa scena rappresenta il cuore della sinfonia stessa e, non a torto, Beethoven tenne a dire: “Gli uccelli che cantavano intorno prendevano parte alla composizione”.


III movimento: Lieta brigata di campagnoli (Allegro).

Entrano nella scena i canti e le danze dei contadini in festa composti elaborando il tema principale del I movimento con suoni di pifferi e cornamusa appoggiati su uno staccato di archi che fissano l’idillio arcaico della vita campestre e l’armonia del tutto in attesa del movimento seguente.


IV movimento: Il temporale (Allegro).

L’imprevisto passaggio del temporale parte con le gocce di pioggia richiamate dagli archi per giungere al realismo della tempesta, resa dall’entrata dei timpani, delle trombe e dei tromboni. Raggiunto il culmine, l’atmosfera si rischiara gradualmente fino al ritorno della calma con un flauto che, simile ad un arcobaleno, evoca l’allontanamento della tempesta. Questo movimento intensifica lo Scherzo precedente e introduce il finale con una cornice minuziosamente onomatopeica e fortemente romantica.


V movimento: Canto pastorale: sentimenti di gioia e di riconoscenza dopo il temporale (Allegretto).

L'atto finale è caratterizzato dal ritmo pastorale (6/8), che unifica i diversi episodi simboleggiando l’incessante e vitale divenire della natura, anche se apparentemente inerte e indifferente. Il gioioso canto di ringraziamento ha la forma di rondò-sonata, i vari episodi sono suggellati da un tema principale fino alla luminosa Coda conclusiva.


di Irene Porpora Anastasio

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