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  • Immagine del redattorePolimnia

A tea for two...with Maria Paola Viano!

Aggiornamento: 27 mag 2022


Maria Paola Viano e l'Ensemble Polimnia durante le prove di Suor Angelica

Dopo una giornata di prove io e la nostra regista ci sediamo al tavolo che fino a un momento prima aveva visto fronteggiarsi Suor Angelica e la zia Principessa. È venuto il momento di conoscere meglio la donna che sta donando un corpo alla nostra musica.


Lei ha suonato per diversi anni in orchestra come contrabbassista, ma come mai ha poi cambiato percorso? E qual è la strada da seguire per diventare registi?


La passione del teatro c’è sempre stata… ma ero una ragazza di provincia, nella mia città e nel mio ambiente (la mia famiglia non è di artisti) già fare il Conservatorio era una cosa un po’ strana. Mi è però rimasto il desiderio di fare teatro. Suonando all’Arena di Verona sono rimasta affascinata dagli spettacoli operistici e un poco alla volta ho fatto chiarezza dentro di me. Ho deciso quindi che dovevo intraprendere anche quella strada. Mi sono così iscritta al corso di Regia d’Opera all’Accademia di Vienna, dove già mi stavo perfezionando in contrabbasso. Ho poi concluso anche questa laurea in Regia del Teatro d’Opera, in modo da avere una base anche teorica e formativa importante. Dopo ho iniziato a fare non solo l’assistente alla regia, ma, vivendo a Vienna per alcuni anni, ho anche potuto sperimentare subito come regista in alcuni spettacoli operistici. Poi è partito l’incarico di regista stabile al Teatro di Linz.


Ora lei insegna. Quali sono i grandi insegnamenti che dà ai suoi allievi per diventare registi?


Sì, ho una cattedra di Arte Scenica a Milano, ma seguo anche un corso di regia insieme ad alcuni miei colleghi. I miei consigli? Prima di tutto (oltre a iscriversi a un’Accademia) nutrirsi di tante cose, aprire la propria mente alla creatività e nutrirsi del bello. Come si fa? Si studia la letteratura (per avere una base umanistica profonda), l’arte e (se si è interessati al teatro musicale) conoscere la musica approfonditamente, altrimenti ci sarebbe sempre una nota mancante. Questo crea un’ottima base su cui incominciare a fare ragionamenti. Poi lavorare come assistente alla regia, per imparare il mestiere.


Come si fa a dare una propria impronta a qualcosa che il pubblico ha visto più volte (come un’opera), creando qualcosa di nuovo e non “copiando” i propri predecessori?


In generale, come per tutti gli artisti, va da sé che sono già state “create” un sacco di cose. Noi ci dobbiamo nutrire dell’arte che ci ha preceduto, costituendo un deposito di cultura indispensabile per creare a nostra volta e partire da un substrato solidissimo di conoscenze per dare un nostro contributo innovativo. Se con grande umiltà studiamo ciò che è apparso prima di noi, forse nascerà qualcosa di fresco e di nuovo. Come registi dobbiamo partire da una partitura nota e, tenendo presente il nostro bagaglio culturale, sfruttare qualcosa d’indispensabile: l’immaginazione. Leggendo una partitura e un libretto, immediatamente visualizzo cosa succede, che azioni i personaggi stanno compiendo. Ma le azioni e le parole nascono da un pensiero, quello che durante le prove chiamo sottotesto. Ovviamente non possiamo sapere se fosse quello che aveva in mente l’autore, ma questo è il bello del lavoro del regista.


Lavorando con lei è evidente che dia molta importanza alla libertà dell’interprete.


Sì, io non considero l’artista come un pupazzo nelle mie mani. Credo che quella sia la cattiva regia. Dato che cerco un rapporto con un’altra persona creativa, credo che sia più interessante ragionare con voi sulle motivazioni profonde, su un’organizzazione spaziale non improvvisata né vaga. Io posso dire: “Muoviti dal punto A al punto B”, ma il come sta a voi. È il magico se, “se io fossi…” cosa farei? Siete esseri umani pensanti e in più artisti, non marionette.


In Suor Angelica, un’opera che sembra molto “vera” e in cui già moltissimo è descritto da Puccini, ci sono stati punti che l’hanno messa in difficoltà nell’immaginare?


Puccini è un compositore talmente straordinario che tanti scogli dal punto di vista di come dare carne a questa partitura a mio avviso non ce ne sono…anche i momenti solo strumentali sono già pensati per l’azione, c’è già un pensiero scenico. C’è già dentro una narrazione che si avvicina molto a quella cinematografica. Tutto ciò che deve fare il regista è mettersi ad ascoltare.


Un’ultima domanda: quali sono, finita Suor Angelica, i suoi progetti futuri?


Oltre al portare avanti questo bellissimo progetto e farlo conoscere in giro, oltre al mio lavoro a scuola…ho un progetto di sceneggiatura che sto portando avanti da un po’ di tempo. Ho in programma anche la realizzazione di un altro cortometraggio di argomento musicale. E non dimentichiamo il progetto di un’opera contemporanea con l’Academia Montis Regalis. Infine, seguirò le repliche di uno spettacolo, che ha avuto un riscontro molto positivo, con musiche di Carla Magnan e Carla Rebora e libretto di Guido Barbieri (Il ricordo che se ne ha, tratto dal romanzo di Mariza D’Anna).


Spengo il registratore. Dopo un sorriso ci alziamo, raggiungiamo la porta, spegniamo la luce. Dal soffitto della sala prove, che tradisce il passato industriale dell’edificio, un flebile raggio di luce colpisce il tavolo bianchissimo e le due sedie nere. Per oggi abbiamo finito.


di Carlotta Petruccioli

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